Dolci di Pasqua calabresi: tutto sulle cuzzupe, dai simboli alla ricetta originale

Le cuzzupe (Le ricette di Mami - youtube screenshot)

Le cuzzupe (Le ricette di Mami - youtube screenshot) - www.notiziesecche.it

Le tradizionali cuzzupe calabresi, dolci tipici tra forme simboliche, riti pasquali antichi e profumi di famiglia.

In Calabria, la Pasqua ha un profumo ben preciso: quello delle cuzzupe appena sfornate. È un odore che riempie le cucine, i pianerottoli, i vicoli. Un odore che sa di buono, di cose fatte in casa, con calma e con amore. Le cuzzupe, per chi non lo sapesse, sono una sorta di pane dolce (ma dolce sul serio) che si prepara nei giorni prima della festa. E no, non è solo un dolce. È un rito, quasi un messaggio nascosto.

Ogni famiglia ha la sua versione, la sua forma preferita, il suo modo di prepararle. In alcune zone sono più morbide, in altre più croccanti, ma la cosa certa è che dietro ogni cuzzupa c’è una storia. E anche parecchio lavoro. Perché non si impastano in cinque minuti, eh. Ma il bello è proprio lì, in quel tempo speso insieme, magari con la nonna che ti dice “non troppo lievito, che poi gonfia troppo”. E tu che obbedisci, perché “la nonna sa”.

A proposito: cambiano pure i nomi, da un paese all’altro. Le chiamano cuddure, riganelle, sgute, cuculi… ma alla fine sono tutte varianti della stessa idea. L’impasto viene modellato a forma di cuore, cestino, ferro di cavallo, bambola, torre… e ognuna di queste forme aveva (e ha) un senso preciso. Tipo: il cuore per il fidanzato, la torre per la futura casa coniugale, il cestino per i bambini. E poi c’erano le uova: sempre dispari, sempre messe lì con un significato.

Ecco, queste uova non erano messe a caso. Servivano a dire qualcosa. C’era perfino un detto: “ccù nova si rinnova, ccù sette s’assetta”. Vuol dire che con 9 uova il fidanzamento si rinnova, con 7 si va all’altare. Quindi insomma, le cuzzupe erano tipo i messaggi vocali dell’epoca, ma in versione commestibile.

La cuzzupa: tra pane, simboli e un sacco di ricordi

Il nome “cuzzupa” sembra arrivare dalla parola araba khubz, che vuol dire pane. Invece “cuddura” probabilmente viene dal greco, kollura, che significa corona. E infatti le cuzzupe, all’inizio, avevano proprio una forma ad anello, a richiamare quella (poco allegra) corona di spine di Gesù. Ma con il tempo, ecco, si sono trasformate. Il pane è diventato più dolce, più ricco. Sono arrivate le uova, simbolo di vita nuova, di abbondanza, di primavera.

In alcune zone, tipo a Cardeto (dove c’è un’influenza grecanica fortissima), le preparano in modo diverso: la pasta è più frollosa, profuma di cannella, di garofano, di scorza d’arancia. Altrove restano più simili al pane dolce, magari più semplici, ma sempre buone. E sempre fatte con quella pazienza tipica di chi cucina per qualcuno a cui vuole bene.

Cuzzupe calabresi (Marcuscalabresus - Wikimedia Commons foto)
Cuzzupe calabresi (Marcuscalabresus – Wikimedia Commons foto) – www.notiziesecche.it

Ingredienti, passaggi e dove assaggiarle

Per farle serve un bel po’ di roba: farina, zucchero, uova (tante), strutto oppure burro — o anche olio, dipende dai gusti — lievito, scorza grattugiata (di limone o arancia), latte e una fialetta di aroma ai fiori d’arancio che non guasta mai. Si impasta tutto per bene, poi si modella la forma che si vuole. E prima di infornare, ci si mettono sopra le uova, intere, crude, che si cuoceranno in forno insieme all’impasto.

Una volta cotte, le cuzzupe si possono lasciare così oppure decorare con una glassa fatta con albume, limone e zucchero a velo — si chiama annaspo, sì, un nome strano ma rende l’idea. E sopra, ovviamente, ci vanno i diavoletti colorati, che fanno tanto festa. Se non vi va di farle in casa, niente paura. Ci sono posti dove le preparano alla perfezione: Laura Pacelli consiglia a Papanice la Pasticceria Mignon, a Vibo Cicciò del Duomo, a Crotone il Bar Moka, e a Lamezia Il Fornaio Angotti, che è lì dal ’77. Provatele, ma occhio: una non basta mai.