Malelingue su WhatsApp? Se parlano male di te in tua assenza ora puoi denunciarli

Whatsapp (PIXABAY FOTO) - www.notiziesecche.it
La diffusione di calunnie tramite messaggi può configurarsi come reato, aprendo la strada a azioni legali e richieste di risarcimento.
Il mondo digitale ha amplificato enormemente le possibilità di comunicazione e interazione tra le persone. Piattaforme di messaggistica istantanea come WhatsApp sono diventate strumenti centrali nella nostra vita quotidiana, utilizzate per scambiare informazioni, condividere opinioni e mantenere i contatti con amici, familiari e colleghi.
Le malelingue e le false informazioni sono sempre esistite, ma la velocità e la portata della loro diffusione attraverso i canali digitali possono amplificarne l’impatto negativo sulla reputazione e sul benessere emotivo di una persona.
Fortunatamente, la legge prevede degli strumenti per tutelare l’onore e la reputazione delle persone anche nel contesto digitale. Sebbene il confine tra una semplice critica e un vero e proprio reato possa essere sottile, in determinate circostanze è possibile intraprendere azioni legali contro chi diffonde affermazioni lesive, con la possibilità di ottenere anche un risarcimento per il danno subito.
Nel contesto delle comunicazioni digitali, e in particolare su piattaforme come WhatsApp, la diffusione di commenti negativi o informazioni false su una persona assente può integrare il reato di diffamazione, aprendo la possibilità di una denuncia e di una richiesta di risarcimento per il danno subito.
Quando le “malelingue” su WhatsApp diventano reato di diffamazione
Parlare male di qualcuno non costituisce automaticamente un reato. Tuttavia, la legge italiana prevede il reato di diffamazione (e in alcuni casi di calunnia) quando si verificano specifiche condizioni. Affinché si possa parlare di diffamazione, è necessario che la vittima sia assente nel momento in cui vengono pronunciate o scritte le offese, che queste offese siano idonee a ledere l’onore e la reputazione della persona, e che l’offesa sia comunicata a più persone.
Un esempio concreto nel contesto di WhatsApp potrebbe essere quello di un individuo che diffonde commenti denigratori o false informazioni su un altro membro all’interno di un gruppo WhatsApp a cui la persona offesa non ha accesso. Se queste affermazioni ledono la reputazione e l’onore della vittima, si può configurare il reato di diffamazione.

Come tutelarsi e ottenere un risarcimento per diffamazione online
Se si ritiene di essere vittima di diffamazione attraverso piattaforme come WhatsApp, è possibile intraprendere un’azione legale. La diffamazione è punita dalla legge con la reclusione fino a 1 anno e la multa fino a 1.032 euro. Tuttavia, la pena è aggravata se l’offesa è diffusa con mezzi quali i social network e, per analogia, le piattaforme di messaggistica con un ampio potenziale di diffusione come WhatsApp.
È importante sottolineare che non rientrano nella diffamazione le critiche espresse per motivi di cronaca, politica o nell’esercizio del diritto di satira, purché mantengano un certo grado di continenza e non si traducano in attacchi gratuiti e lesivi della dignità personale.