Illustrazione di una professoressa (Pexels FOTO) - www.notiziesecche.it
La situazione è abbastanza complessa, e per certi versi critica. Essere docenti in questo periodo non è proprio facile.
Sembra una storia uscita da una serie TV, ma è tutto vero: una maestra d’asilo finisce nell’occhio del ciclone per avere un profilo su OnlyFans e da lì si scatena un polverone che arriva fino al Ministero dell’Istruzione. La protagonista si chiama Elena Maraga, ha 29 anni, e lavora in una scuola cattolica in provincia di Treviso. Alcuni genitori hanno scoperto la sua attività extra scolastica e… beh, il resto è cronaca.
Per chi non lo conoscesse, OnlyFans è una piattaforma online nata nel 2016 dove i creatori di contenuti possono guadagnare vendendo abbonamenti ai propri fan. Spesso è associata a contenuti per adulti, ma non è obbligatorio: ci sono anche chef, personal trainer, artisti.
La questione, ovviamente, ha sollevato un dibattito: è giusto giudicare un’insegnante per ciò che fa fuori dall’orario di lavoro? E dove finisce la libertà personale e comincia l’obbligo morale, soprattutto quando si lavora con i bambini? Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha deciso di intervenire: non con nuove leggi, ma aggiornando il codice etico già esistente per i dipendenti pubblici.
Questa vicenda, che sembra quasi una provocazione dei tempi moderni, ha toccato un nervo scoperto: la difficoltà di conciliare i diritti individuali con le aspettative della società. Anche perché, diciamocelo chiaramente, gli stipendi degli insegnanti italiani non brillano certo per generosità. E il costo della vita è diventato insostenibile. E allora, se una persona decide di arrotondare in modi alternativi, dove sta il confine tra privacy e decoro professionale?
Dunque, partiamo da qui: non si tratta di scrivere un nuovo regolamento da zero, ma di aggiornare quello che già c’è. Il Codice di comportamento per i dipendenti pubblici, infatti, è già stato rivisto nel 2023 e prevede che chi lavora nella pubblica amministrazione debba “evitare dichiarazioni, immagini o comportamenti che possono danneggiare il prestigio o l’immagine dell’amministrazione”. Ora si vuole andare più a fondo, inserendo un capitolo dedicato all’uso consapevole dei social. Una commissione di giuristi sta lavorando fianco a fianco con il Ministero per adeguare questo codice, tenendo conto dell’evoluzione dei tempi. Perché diciamolo chiaramente: fino a pochi anni fa, i social non avevano l’impatto che hanno oggi. Oggi, ogni foto, ogni video, ogni parola può diventare virale nel giro di qualche ora. E per chi lavora nel mondo della scuola, questo può essere un bel problema.
Il caso di Elena Maraga ha fatto molto rumore, anche perché la scuola dove lavorava è una struttura cattolica. Alcuni genitori, dopo aver scoperto il suo profilo su OnlyFans, hanno fatto segnalazioni. Il risultato? Sospensione immediata dal lavoro, nonostante fosse assunta a tempo indeterminato. Una decisione forte, ma che ha acceso un dibattito accesissimo sui confini tra vita privata e ruolo pubblico. E la domanda resta: se una persona è libera di esprimersi come vuole fuori dall’orario di lavoro, perché dovrebbe essere punita? Ma allo stesso tempo, è anche comprensibile che un’istituzione voglia tutelare la propria immagine, soprattutto se si tratta di bambini e famiglie. È un equilibrio sottilissimo, e il nuovo codice etico cercherà (si spera) di indicare una linea più chiara, senza scivolare nel moralismo.
Dietro questa vicenda, però, c’è anche un tema più grande che merita attenzione: il salario degli insegnanti. Secondo i dati OCSE, i docenti italiani sono tra i meno pagati in Europa. E quando si parla di insegnanti della scuola dell’infanzia o primaria, le cifre sono ancora più basse. Non è raro che molti docenti abbiano un secondo lavoro, spesso part-time, per arrivare a fine mese. OnlyFans, in questo senso, rappresenta una via alternativa (e più redditizia) per molti. Non solo per insegnanti, ma anche per impiegati, studenti universitari, mamme single.
In un mondo dove la monetizzazione del proprio corpo o della propria immagine è diventata accessibile a tutti, è difficile tracciare una linea netta tra ciò che è “accettabile” e ciò che non lo è. E la questione morale si intreccia, inevitabilmente, con quella economica. È chiaro che la scuola non può permettersi di perdere autorevolezza, ma è anche vero che viviamo in un tempo in cui l’identità digitale è frammentata. C’è chi insegna al mattino e crea contenuti al pomeriggio. Chi lavora in un ufficio e suona in una band punk nel weekend. Il problema non è tanto cosa si fa, ma come questo influisce sulla percezione pubblica del proprio ruolo.
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